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(Miniere di Sulcis)
Miniera di Saline della Sardegna

Miniera di
Sulcis

  1. Fluminimaggiore
  2. Gonnosfanadiga-Villacidro
  3. Sardegna centrale
  4. Monte Narba (San Vito-Muravera)
  5. Salto di Quirra - Gerrei
  6. Nurra (Alghero) e Planargia
  7. San Vito - Villaputzu
  8. Rio Ollastu (Burcei)
  9. Arburese (Arbus)
  10. Iglesias-Gonnesa
  11. Iglesias-Marganai (Domusnovas)
  12. Monte Arci (Pau)
  13. Sulcis (alto e basso)
  14. Salto di Gessa (Buggerru)
  15. Barbagia - Alto Sarcidano
  16. Gerrei - Parteolla
  17. Monte Albo (Lula)
  18. Silius
  19. Ogliastra
  20. Orani - Nuorese
  21. Sassarese
  22. La Maddalena - Gallura

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L'estrazione del sale in Sardegna ha lontane radici: lungo il litorale del Sulcis in alcune colonie fenice, sono state ritrovate tracce di rudimentali saline; anche nell'antica città di Tharros (Oristano), sono state trovate tracce di commerci di sale risalenti al periodo punico.

La storia del sale a Cagliari nasce con i Fenici 2500 anni fa, ma successivamente le saline vennero sfruttate dai Cartaginesi e dai Romani.

Durante il periodo giudicale vi fu una ripresa delle produzioni in parte destinate ai commercianti di Marsiglia, ritenuti già dal secolo XII importanti imprenditori del sale nel Mediterraneo, che a partire dal 1016 e per quasi due secoli furono i primi ad ottenere la concessione per l'esportazione del sale.

I pisani, grazie ai buoni rapporti con i giudici, svilupparono una fiorente attività commerciale e dal 1104 Pisa ebbe il permesso di estrarre il sale.

Con la dominazione catalano-aragonese le saline erano diventate vere e proprie ricchezze in grado di assicurare benessere economico e politico. Dal 1323 con l'allontanamento dei pisani sconfitti e con l'inizio della dominazione aragonese nell'isola, il sale veniva prodotto a Major (Molentargius) e Riba (Quartu Sant'Elena). Le salines de Sardenya non erano che stagni privi di strutture attorno a Cagliari. La raccolta del sale durava dai quattro ai sei mesi; il sale si accumulava in piramidi dette bigues che, dovevano avere determinate dimensioni, dalle quali si stabiliva il peso, importante per la contabilità. Documenti sulle saline risalgono al 1327, quando il re d'Aragona, occupato il giudicato Caralis, impose le norme che governarono per 400 anni lo sfruttamento delle "Saline Reyales".

Le Saline Conti-Vecchi (Santa Gilla, Cagliari)

La Salina Conti-Vecchi è costituita da 1896 ettari di superficie evaporante ed è formata da una serie di bacini attraverso i quali durante il periodo primaverile-estivo viene fatta scorrere l'acqua salata prelevata dal mare con la stazione idrovora di Ponte Vecchio per addensarsi con l'evaporazione fino araggiungere la Superficie Salante. Nelle caselle salanti (260 ettari) site nella parte Nord_Ovest della Salina l'acqua satura deposita il cloruro di sodio.

Oggi considerate come uno degli impianti più produttivi d’Europa, le Saline Conti Vecchi, nate dall’intuizione dell’ingegner Luigi Conti Vecchi, sono le più longeve della Sardegna, ma anche sito di archeologia industriale, in parte recuperato e riallestito come negli anni Trenta, grazie ad un progetto di FAI e Syndial, societá di Eni che fornisce servizi integrati nel campo del risanamento ambientale. Le Saline sono immerse in un’oasi naturale dove vivono fenicotteri e falchi pescatori e sono la testimonianza della storia del sale e della sua produzione.

Negli anni '30 la salina aveva una superficie di 1400 ettari di bacini evaporanti e 140 ettari di caselle salanti; motori elettrici, elettropompe, trasportatori adibiti ai vari servizi in salina assorbivano circa 600 mila kwh per il funzionamento dello stabilimento. In questo periodo si immisero nelle caselle salanti 5 milioni di mc di acqua marina e si ricavarono comoplessivamente 110 mila tonnellate di sale marino, delle quali 70 mila a basso titolo di magnesio. Quest'ultimo prodotto veniva utilizzato per usi industriali negli stabilimenti della Società Solvay a Monfalcone e della Società Montecatini in varie regioni d'Italia.

Un'altra tipologia di sale veniva adoperato per usi commestibili, raffinato e in parte esportato in vari paesi esteri come Islanda, Olanda, Francia e Canada.

Utilizzando le soluzioni diluite di cloruro di magnesio con ossidi di magnesio si ottenevano cementi magnesiaci ad alto potere agglomerante. Impastando cascami di legno, trucioli di pioppo e sughero con cementi magnesiaci si ottenevano ottimi materiali isolanti per l'edilizia in lastre, come la Gillite e la Subergillite.

Nel 1940 lo stabilimento dava lavoro a 526 persone in grado di diventare 1000 nella stagione della raccolta e oltre a produrre il sale cominciava ad offrire una quantità di sottoprodotti per l’industria chimica e l’agricoltura che non ha eguali in nessuna salina italiana. Da circa 8 milioni di mc di acque marine vennero prodotti: 171.000 tonnellate di Sale marino, 1800 tonn. di Solfato di Magnesio, 1600 tonn. di Cloruro di Magnesio cristallizzato e 3500 tonn. di Salino potassico (ossidi di potassio e magnesio).

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Intanto intorno alla Saline, cresceva una vera e propria “comunità del sale”: proprietari, dirigenti, impiegati e altri dipendenti vivevano insieme nel villaggio di Macchiareddu, con un centro polifunzionale e un’azienda agricola integrata all’impianto.

La Seconda Guerra Mondiale interruppe la vita della comunità, tanto da arrivare alla paralisi della produzione nel 1943. Con il porto di Cagliari completamente igianibile il sale non poteva partire e l’officina meccanica dello stabilimento venne utilizzata per produrre le armi necessarie al Paese. Negli anni ’50 la produzione divenne gradualmente meccanizzata e con la ristrutturazione cominciarono i licenziamenti, che portarono, negli anni a venire, gli operai a scioperare e a occupare la fabbrica.

Nel 1984 le Saline passarono sotto la proprietà di Eni, tramite Syndial, che ancora oggi gestisce la vecchia Società Anonima Ing. Luigi Conti Vecchi. Attualmente, grazie all’innovazione tecnologica, la produzione raggiuge le 400 mila tonnellate l’anno specializzandosi in prodotti raffinati, tra cui il fior di sale. Ma nonstante i tempi siano cambiati e la tecnologia abbia migliorato la produzione, il mestiere dei salinieri è sempre lo stesso, perché il sale si fa ancora allo stesso modo. Il ciclo produttivo è uguale a quello di cento e mille anni fa, perché è strettamente legato ai ritmi della natura.

Il decreto n. 61 del 19 dicembre 1985 accorda alla Soc. Ing. Luigi Contivecchi Spa la concessione a Salina Marittima denominata "Santa Gilla" in territorio di Cagliari, Capoterra e Assemini fino al 2021. Nel 1990 la concessione viene ampliata di 101 ettari.

La riqualificazione degli impianti industriali della Soc. Ing. Conti Vecchi S.p.A. avviata nel già 2013 ha consentito di confermare la storica attività legata alle produzioni chimiche nell’area di Macchiareddu, che dal golfo di Cagliari smista i prodotti a Porto Marghera, Priolo, Napoli e Livorno e di entrare anche nel mercato del sale alimentare.

La collaborazione decennale instaurata tra Eni e FAI (Fondo Ambiente Italiano) ha reso possibile la valorizzazione dell’oasi naturalistica delle Saline e ha permesso di aprirla al pubblico. Il FAI, grazie al contributo Eni per le ristrutturazioni e per la gestione del sito, ha restaurato gli immobili storici della Salina, e ha realizzato una pista ciclabile e un collegamento per mezzo di un trenino elettrico che da marzo 2017 consente di visitare l’oasi naturalistica. L’intervento di restauro ha riguardato tutti gli spazi dai macchinari, oggetti, arredi storici, agli uffici, officine e laboratori, tutti riportati alle originarie funzioni, con l’obiettivo di poter toccare con mano come si svolgeva la vita della salina nella prima metà del Novecento.

Stabilimento per la produzione del Bromo

Nel 1939 a Cagliari era attivo lo Stabilimento per la produzione del bromo di Santa Gilla ed era gestito dalla Soc. Italiana del Bromo. Dal trattamento di 60.000 mc di acque madri di salina si ricavarono 85 tonnellate di bromo liquido al 0,3% di cloro. Lo stabilimento occupava 23 operai e consumava quasi 22.000 kwh.

Le Saline di Molentargius (Cagliari)

La salina di Cagliari è ubicata nei pressi della spiaggia del Poetto e si estende su parte del territorio del comune di Cagliari e del comune di Quartu Sant'Elena. Le saline sono oggi parte del parco regionale di Molentargius. La storia dell'estrazione del sale marino a Cagliari sembra che risalga a circa 3000 anni fa, all'epoca dei Fenici. In epoche più recenti l'estrazione del sale fu oggetto di monopolio governativo dapprima con la dominazione spagnola, poi con la dominazione sabauda.

L'attività d'estrazione impiegava in passato maestranze reclutate fra la popolazione, ma a cavallo fra il Settecento, l'Ottocento e il Novecento lo stato sabaudo impiegava i condannati ai lavori forzati, provenienti principalmente dalle carceri piemontesi e dal vecchio carcere cagliaritano di San Bartolomeo. Negli anni '30 la tecnologia modificò drasticamente la tecnica di estrazione con l'allestimento del sistema formato dalle vasche evaporanti, dalle vasche salanti, gli impianti di sollevamento e di canalizzazione delle acque.

Nel 1984 l'attività delle saline di Stato cessò per ragioni igienico-sanitarie a causa della tracimazione di acque inquinate dal Bellarosa minore nel Bellarosa maggiore. Delle Saline restano gli impianti di terra e delle vasche come testimonianza di un'antica attività ed è tuttora attivo il sistema di circolazione e regimazione delle acque per mantenere integro un particolare ecosistema creato in parte dall'uomo.

La Città del Sale

La città del sale o villaggio del sale fu costruita nei primi decenni del XX secolo ed è oggi considerato un sito di archeologia industriale. Il complesso comprende i palazzi dove risiedevano i dirigenti, le abitazione degli impiegati, una chiesa, un teatro, dei laboratori e le officine dove avveniva l'estrazione e lavorazione del sale.

Locali di lavorazione e conservazione del sale:

- Fabbrica dei sali potassici;

- Impianto del bromo;

- Impianto del gesso;

- Idrovora del Rollone;

- Capannone Nervi.

Le Saline di Santa Caterina (Sant'Antioco)

Lungo la costa sulcitana si sviluppano la laguna di Santa Caterina, le saline di Sant'Antioco, lo stagno di Porto Botte, lo stagno di Porto Baiocco e gli stagni di Porto Pino. La laguna di Santa Caterina è situata nella parte settentrionale del Golfo di Palmas.

La Salina di Sant’Antioco si estende su una fascia costiera lunga circa 20 Km, per una profondità massima di circa 3 km. Realizzata nei primi anni ‘60 mediante opere di regimazione e collegamento di lagune costiere esistenti, entrò in produzione nel finire dello stesso decennio. La superficie utile coperta dalle acque, variabile stagionalmente, è di circa 1500 ettari, suddivisa, in evaporante (1300 ettari) e salante (200 ettari).

La funzione produttiva assolta dalle zone evaporanti consiste principalmente nel portare le acque di mare a saturazione rispetto al cloruro di sodio, provvedendo all’aumento dalla densità caratteristica dell’acqua di mare, di 3,5° Baumè (Bè - Gradi Baumè), a quella di saturazione, che si raggiunge ad una densità di 25,7° Bè alla temperatura di 15°C. L’intero percorso viene compiuto dall’acqua in 40-60 giorni in funzione delle condizioni meteorologiche. La restante parte di superficie coperta dalle acque costituisce la zona salante, nella quale si ha la precipitazione del cloruro di sodio.

Questa zona viene continuamente alimentata durante la campagna salifera con l’acqua satura preparata nella zona evaporante, che qui raggiunge densità prossime ai 30° Bè. Il movimento delle acque a ciclo continuo viene realizzato sfruttando per la maggior parte della superficie il dislivello naturale del terreno; ove ciò non è possibile provvedono 6 stazioni idrovore di sollevamento dislocate in diverse zone della Salina. Il periodo più favorevole alla produzione va da maggio a settembre: le operazioni di pompaggio hanno inizio quando le evaporazioni prendono il netto sopravvento sulle piogge. Durante il restante periodo dell’anno l’attività produttiva è tesa alla conservazione delle caratteristiche delle acque presenti nelle diverse zone evaporanti. Le caratteristiche di questi importantissimi siti, costituiscono uno straordinario habitat soprattutto per la sosta e lo svernamento dei limicoli, di spatole, gru, aironi bianchi maggiori e di piccoli gruppi di oche, per i nidificanti abituali quali il cavaliere d’Italia, l’avoceta, il fratino, il fraticello, la sterna zampenere, la pernice di mare, il gabbiano roseo ed il gabbiano corallino, anatre di varie specie oltre al famoso fenicottero rosa che, ormai costantemente al di sopra del migliaio di individui, rappresenta proprio nella salina una delle più importanti popolazioni europee di questa specie.

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Le Saline della Nurra (Stintino)

Dal 1300 una strada univa le antiche saline della Nurra con la città di Porto Torres, era la strada del sale. Una via che dal 1300, passando per il periodo di dominazione aragonese, fino agli anni della dominazione sabauda era trafficata da carri che trasportavano il prezioso minerale ai luoghi del commercio. A Porto Torres il sale era venduto all'ingrosso.

A lavorare nelle antiche saline della Nurra c'era un numero ristretto di operai stabili, che diventava più elevato nel periodo dell'estrazione del sale. Oltre un centinaio di uomini in tutto, compresi i bovari.

Il sale era strumento di potere, spesso causa di guerre, grazie al quale non soltanto era possibile conservare il cibo, ma soprattutto imporre un sistema di tasse e gabelle. Si creò quindi un forte legame tra sale e finanze, fonte di ricchezza e di potere.

Le saline di Stintino, posizionate lungo le coste, di proprietà di privati oltre che di ecclesiastici, nell'età medievale e moderna dovevano essere un sicuro punto di riferimento per la Nurra. Una regione questa che era anche la meta della transumanza di pastori del nuorese che poi li decisero di stabilirsi.

Le Saline di Stintino erano costituite da due sistemi autonomi apparentemente scollegati fra loro: quelle di “Ezi Mannu”, e quelle della "Tonnara Saline", che comprendevano anche i due stagni salati. Il primo si estendeva da “Ezi” fino a “Punta d’Elici”, il secondo dall’altezza dello stagno salato, nei pressi dell’ovile di “Pazzona”, fino alla foce dello stagno di “Casaraccio” e su tutta la depressione della piana di “Coscia di Donna”.

Risulta probabile che fra le Saline di “Ezi” e quelle di “Tonnara Saline” vi fossero canali di collegamento o addirittura un sistema di piccole vasche, sparite a causa del fenomeno dell'erosione costiera. La parte delle “Saline” della fascia di “Ezi”, forse più vecchia di tremila anni, senza tracce evidenti di vasche, fa pensare ad un tipo di estrazione arcaica, forse addirittura Nuragica.

Nel 1500 le Saline erano di proprietà degli enti ecclesiastici e furono incamerate nel 1507 dal Real Patrimonio, che però continuava a riconoscergli un determinato quantitativo di produzione.

Nel susseguirsi degli anni del '900, le Saline iniziarono, pur continuando la produzione, una fase di declino, che vide la fine negli anni ‘20.

Fonti/Bibliografia

Parco Molentargius - sito web: www.parcomolentargius.it

Associazione per il Parco Molentargius - Saline - Poetto - sito web: www.apmolentargius.it

Sito Alguer.it - www.alguer.it

Sardegnaturismo.it - www.sardegnaturismo.it

Le Saline di cagliari - sito web: https://digilander.libero.it/emcalvino/salina/salina.html

La Nuova Sardegna.

Architetture e Paesaggio delle Saline - Itinerario Storico Culturale nelle Saline di Molentargius a Cagliari - Regione Autonoma della Sardegna.

Storia dell'Industria del Sale di Stintino - Il Tempo della Memoria.

Rivista del Servizio Minerario - anni: 1932-42.

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