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(Miniere di Barbagia di Seulo)
Miniera di Fundu e Corongiu e San Sebastiano(Seui)

Miniera di
Barbagia di Seulo

  1. Fluminimaggiore
  2. Gonnosfanadiga-Villacidro
  3. Sardegna centrale
  4. Monte Narba (San Vito-Muravera)
  5. Salto di Quirra - Gerrei
  6. Nurra (Alghero) e Planargia
  7. San Vito - Villaputzu
  8. Rio Ollastu (Burcei)
  9. Arburese (Arbus)
  10. Iglesias-Gonnesa
  11. Iglesias-Marganai (Domusnovas)
  12. Monte Arci (Pau)
  13. Sulcis (alto e basso)
  14. Salto di Gessa (Buggerru)
  15. Barbagia - Alto Sarcidano
  16. Gerrei - Parteolla
  17. Monte Albo (Lula)
  18. Silius
  19. Ogliastra
  20. Orani - Nuorese
  21. Sassarese
  22. La Maddalena - Gallura

La miniera di antracite di Corongiu si trova a pochi Km a nord della periferia del paese di Seui. Essa è disposta sul crinale della collina in località Fundu'e Corongiu - San Sebastiano e termina proprio a ridosso della linea ferroviaria delle Ferrovie Complementari della Sardegna che, nel lontano 1894, fu costruita appositamente in quel luogo per strappare all'isolamento l'intera zona, consentire lo sviluppo della miniera e con essa quello industriale. Il significato del toponimo sardo Fundu 'e Corongiu significa appunto "fondo", ma anche "terra chiusa" da un Corongiu, ossia da una roccia, inteso come fianco di una montagna; infatti la miniera di cui parliamo si trova in un terreno nelle vicinanze di una parete rocciosa a picco.

La scoperta del giacimento è legata alla figura e ai viaggi di Lamarmora in Sardegna, attività che ha prodotto la prima carta geologica della nostra splendida regione. Questi infatti, incuriosito da una leggenda popolare della zona, che raccontava di pietre nere capaci di emanare calore e bruciare, si recò nella località indicatagli dagli abitanti di quei luoghi ed effettivamente trovò le pietre nere, l'antracite appunto, era il 1827. Da quel momento incominciarono le analisi del carbonfossile rinvenuto, gli scavi nel 1838 da parte di Lamarmora e finalmente nel 1870 iniziò l'attività estrattiva; solo sei anni più tardi il Laboratorio di chimica docimastica della Regia scuola di applicazione per gli ingegneri in Torino affermava l'assoluta eccellenza dell'antracite coltivata a Corongiu. La miniera di Corongiu è rimasta attiva per circa settanta anni dal 1870 al 1958 e conobbe tre gestioni importanti per lo sviluppo delle attività; lo stato che dopo la legge del 1859 era l'assoluto padrone del sottosuolo, accordò dal 1886 al 1900 la concessione per lo sfruttamento di miniera Corongiu alla Società Genovese delle Miniere e alla Società Generale; dal 1900 al 1938 entrò la Società Monteponi, interessata principalmente allo sfruttamento del giacimento per l'utilizzo dell'antracite come combustibile per il trattamento dello zinco estratto ad Iglesias; dal 1938 al 1958 la concessione fu affidata alla Società Veneto-Sarda. Per gli anni che precedettero il 1886 le concessioni furono date a privati ed esploratori che puntualmente per mancanza di fondi si vedevano costretti a interrompere i lavori. Ma vi era anche un'altra motivazione allo scarso impegno e ai pochi investimenti: l'isolamento della zona che rendeva difficile e fino al 1894 praticamente impossibile, ed economicamente poco vantaggioso, il trasporto dell'antracite estratta verso i porti dell'Isola. La miniera occupava nel primo periodo della sua esistenza (1887-90) in modo costante circa sei operai, principalmente piccoli agricoltori e pastori. Anche in questa miniera le condizioni di lavoro degli operai erano precarie, la retribuzione era molto bassa e spesso consisteva in buoni. Tuttavia, dalla presenza della miniera provenivano anche dei benefici: per un verso la presenza della miniera frenava l'emigrazione, dall'altro costituiva per il proletariato l'occasione per sviluppare una coscienza sociale. In questo modo la classe operaia acquistava finalmente una visibilità e una consapevolezza di classe che portò alla costituzione di una società di mutuo soccorso.

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Nella miniera di Corongiu veniva coltivato uno strato di antracite di potenza variabile intorno ai due metri, affetto da improvvisi restringimenti e faglie. Nella concessione i terreni del permiano occupano una superficie di circa 2,5 Kmq, circondata da terreni siluriani ed attraversata nel mezzo da una faglia di distensione con direzione est-ovest e pendenza a nord. Lungo tale faglia scorre il Rio Domestia. A cavallo di questo torrente si sono sviluppati i lavori minerari. Questi erano condotti entro lo strato e venivano interrotti ogni qualvolta la potenza del carbone, o per restringimento o per altro fenomeno, si riduceva in modo da renderli economicamente improduttivi. Tale condizione ha dato luogo ad una serie dì cantieri completamente staccati tra loro, che disegnano nella parte coltivata diverse superfici a forma di lenti (strati di minerale di potenza variabile dal mezzo metro ai due metri) la cui area totale risulta pari a 300.000 mq. Le lenti a sud del Rio, la cui area totale è di circa 100.000 mq. risultano disperse ed hanno dato luogo ad otto cantieri di coltivazione, in maggioranza di piccola entità sparsi in tutta la zona dei terreni produttivi affioranti.

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Per ciò che riguarda gli impianti, essi erano situati alla periferia del bacino; la laveria di San Sebastiano era alimentata da una teleferica i cui costi di esercizio erano molto onerosi, mentre l'impianto ad aria compressa fu installata solo negli anni '50 del secolo scorso. In questi stessi anni, venne scoperto e tracciato completamente prima di essere coltivato il 12° livello. Il sistema di coltivazione adottato era quello "per piccoli fronti", che consisteva nell'abbattimento del fronte per ritirarsi poi lungo i pilastri di protezione, con successivo franamento del tetto. L'incidenza delle armamature risultava particolarmente onerosa, in quanto raggiunse un consumo di 3,5 metri di legname per tonnellata di carbone grezzo, in gran parte messo in opera nelle gallerie di carreggio. Le produzioni del 1953 vengono fornite dalla coltivazione dei pilastri della lente Sartori e dai lavori di tracciamento intrapresi nella lente Cattaneo.

A nord del Rio invece i lavori di coltivazione si concentrarono in due grossi cantieri, Ferraris e Sartori, la cui area era rispettivamente di 44.000 e di 150.000 mq.

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INVENTARIO:

Fabbricati annessi alla miniera, località Fundu'e Corongiu:

1) Cabina elettrica: superficie mq. 25 (m.5x5); altezza m.8;

2) Locale Forgia: in muratura con tetto in coppi;

3) Magazzino e lampisteria: fabbricato di piano terreno e un piano costruito in pietrame e malta di superficie mq. 24 (m.6x4); altezza m.6;

4) Camerone operai; piano terreno e un piano di superficie mq. 80 (m.16x5); altezza m.6;

5) Deposito esplosivi (deposito, casotto in legno per detonatori, guardiola fuori recinto).

La laveria di San Sebastiano è ubicata non lontano dai cantieri minerari di Fundu 'e Corongiu, di cui trattava il minerale. Questo grande fabbricato entrato in funzione nel 1918, ora è in completo stato di abbandono e meriterebbe una diversa sorte, vista la cornice ambientale in cui si trova. Nei pressi della laveria sono presenti altri piccoli ruderi, ma soprattutto il tracciato ferroviario percorso dai turisti che visitano la Barbagia con il Trenino Verde.

Segue ora una descrizione della laveria e delle strutture ad essa connesse:

Fabbricato laveria:

Piano terreno e 3 piani alti, superficie mq. 1.408 (m. 64x22); l'edificio è disposto in cascata (al termine inferiore l'altezza in elevazione è di m. 20); la laveria era dotata di una motrice a vapore Tosi che tramite una dinamo forniva energia elettrica alla laveria stessa (illuminazione ed impianti) e ai cantieri minerari (cantiere Ferraris). La struttura della laveria era in cemento armato con copertura in eternit. La destinazione dei vari piani era la seguente:

3° piano - sezione frantumazione e classificazione;

2° piano - sezione arricchimento: reparto crivelli;

1° piano - sezione arricchimento: reparto flottazione (progettato nel 1956, ma non realizzato) ed officina;

Piano terreno reparto bacini, raccolta acqua, laveria: n. 3 con sbarramento in muratura.

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Fabbricati e altre costruzioni:

Un Impianto per laveria con 2 crivelli e 2 vagli, nastro metallico e condutture acqua:

3 stanze unite per magazzini ferrame,

1 officina meccanica.

1 stanza per motore laveria,

2 stanze per cabina elettrica,

1 sala per magazzino materiali,

1 sala per crivelli,

1 piano per 4 vagli e nastro,

1 impianto per montacarico,

1 piano per vibrovaglio a secco,

1 piano per vagonaggio alla griglia,

1 ponte in ferro (passarella), 6 bacini di filtrazione, 1 muraglione di rinforzo.

1 Bacino alimentazione acqua; Magazzino al piano F.S.

1 Stalla per buoi e cavallo;

1 Teleferica con due stazioni: partenza e arrivo, relativi depositi per carbone, con 4 carrelli da 500, con 12 castelletti in legno castagno e abete, con basamenti in cemento;

1 Linea elettrica da laveria a Corongiu miniera da m. 900 con pali di castagno;

1 Linea telefonica da teleferica a Corongiu;

1 Baracca in tavolo abete, per ritirata operai;

1 Baracca in tavolo abete, per riparazione cabina elettrica;

1 Polveriera con separazioni interne per esplosivi e detonatori.

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Bibliografia

Bollettino del Servizio Minerario, anni: dal 1901 al 1963.

CARBONI FRANCESCO "La miniera di carbone antracite di Seui: un'esperienza industriale nella Barbagia pastorale" - Ed della Torre- Cagliari 1993.

LOI RITA Tesi di laurea sulla Miniera di Seui, Facoltà di Economia e Commercio - Università di Cagliari 2003-04

ACCARDO P., MARINI C., SARRIA E. "I Giacimenti Antraciferi sardi: il bacino di Seui".

LAMARMORA ALBERTO "Viaggio in Sardegna, Vol. 3" 1857.

Carta Geologica 1:25.000, Foglio 218 Isili 1976.

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