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La miniera di Calabona è ubicata nei pressi di Alghero, sulle sponde del colle Punta Argentiera, ed è raggiungibile tramite una strada bianca che si innesta dalla provinciale Bosa-Alghero. Di questa antica miniera restano i ruderi delle strutture minerarie, un forno di calcinazione, piccole discariche e scavi a cielo aperto. La Storia La miniera di Calabona era sicuramente nota in antichità, conosciuta dai Fenici, dai Cartaginesi, dai Romani e dai Pisani per i minerali di rame che vi si estraevano; furono inoltre praticate antiche ricerche per minerali di piombo, zinco e manganese. A tal proposito l'analisi degli utensili di ferro e dei frammenti di vasellame rinvenuti nelle ripiene dei cantieri Salondra e S. Giovanni consentì di datare i lavori (in un periodo compreso tra il 1100 e il 1300), cioè ad opera dei Pisani. Abbiamo notizia di un antico documento del 1424 che riferisce di un permesso minerario in località Calabona, a favore di Bernardo Caplame (o Caplano) de Sablanche, per estrarre metalli, ad esclusione dell'oro e l'argento, con l'onere di riconoscere un canone del 10%; La concessione era accompagnata dal diritto di far legna nei ricchi boschi della la zona. Tali mineralizzazioni si sviluppano principalmente nella parte media del calcare che costituisce il Monte Argenteria, tra i sedimenti miocenici e le trachiti. Alcuni cantieri furono impiantati nei terreni di "Salondra", "San Giuliano", "Monte Ladu" e "Bonaria", entro l'area geografica che doveva ospitare parte dell'insediamento di Carbia. La miniera venne comunque scoperta nel 1902 dal Sig. E. Pinna Ganau il quale rinvenne il giacimento di Punta Argentiera ed un pozzo riempito di blocchi di calcare con tracce di calamina. La scoperta fece pensare a lavori eseguiti in tempi remoti, dove si ricercava la galena, mentre si scartava la calamina. La concessione per coltivare questo ricco giacimento di piombo, zinco e rame fu affidata nel 1903 alla Società Anonima Metallurgica Austro-Belga>; I lavori di ricerca e coltivazione proseguirono prevalentemente a cielo aperto, seguendo il piano minerario redatto nel 1904 dall'Ing. M. Tarocco. Nel 1905, ottenuta la regolare concessione, s'iniziò lo sfruttamento dello zinco, assieme alla colonna calaminare mentre a Salondra, nel frattempo, furono riprese le ricerche orientate, prevalentemente, sugli affioramenti cupriferi, con esiti che non parvero incoraggiare la società allora esercente. Le prime costruzioni del villaggio sorsero nel 1902; erano presenti: la "casa della direzione", la "casa del muratore", la "casa della guardia", "l'officina del falegname", vari magazzini, una stalla, un forno per la calcinazione dei minerali e la polveriera. Nel 1907 si edificarono sette case operaie per 28 famiglie, non residenti in città. Furono intrapresi anche i lavori per la costruzione di una chiesetta. La popolazione era composta da 97 persone, mentre gli occupati all'interno della miniera erano 33. Il trattamento del minerale avveniva ancora a livello manuale in modo da contenere i costi di gestione: tutto era eseguito a mano, laverie, crivelli e il forno dove si convertiva la calamina in Carbonato di Zinco. Il trasporto dei minerali all'interno delle gallerie avveniva con vagoncini su binario. Nel 1909 i lavori di miniera vennero del tutto sospesi. La ripresa fu con la Società Toscana di Industrie Agricole e Minerarie, con l'obiettivo di studiare gli affioramenti concernenti agli ossidi di ferro, e di manganese, visibili sia a Calabona sia a Salondra, e altre località limitrofe. Alla fine del 1911 l'Ing. Racah acquistò in modo definitivo la concessione mineraria ottenendo anche il permesso per l'estensione della concessione ai minerali di rame; nel 1913, si dette inizio alla costruzione della galleria di ribasso Giulio, che doveva tagliare dopo 400 metri, alla profondità di circa 30 metri, gli ammassi di rame. Con l'evoluzione delle ricerche verso Salondra, anche l'insediamento abitativo si spostò verso quella direzione; a partire dal 1912 furono edificate le tettoie per la cernita, i fabbricati per magazzini, gli uffici per il sorvegliante e per le guardie. In questi anni venne costruito anche il castello del Pozzo Ferraris, ubicato sul terreno soprastante il tratto terminale del ribasso Giulio. Il minerale estratto subiva una sommaria cernita sul cantiere d'abbattaggio, era condotto a giorno con trazione a cavalli, lungo il binario della galleria di ribasso Giulio. Allo sbocco vi erano vasti piazzali dove si eseguiva una semplice cernita a martello, con separazione dei vari tipi di minerale. I vagli manuali servivano per la separazione delle terre dal grosso. Si distinguevano tre tipi di minerale: ramifero commerciale, piritoso e sterile. Dai depositi sui piazzali, il minerale era caricato su carri che, trainati da cavalli, percorrevano i 4 km che separavano la miniera dal porto; l'insediamento era collegato da una carrareccia, "l'antica strada della miniera". La Società di Monteponi, negli anni '30, aveva una sterrata d'esclusiva proprietà che permetteva di collegarsi sin quasi alla strada regionale, mentre la viabilità consorziale di Salondra, che attraversava i terreni agricoli, era invece adoperata occasionalmente per un breve tratto. Nel posrto di Alghero la società esercente della miniera disponeva di due magazzini recintati in grado di contenere oltre 4000 tonnellate di minerale. L'operazioni di carico, per il trasferimento dei minerali a bordo delle navi, avveniva attraverso due punti d'imbarco distinti: uno era collocato sul piano della banchina, dove potevano attraccare piccole navi, il secondo era posto nei pressi della Torre della Polveriera dove era stata costruita una lunga passerella che si affacciava sul mare. Nel 1925 il permesso di Calabona fu venduto alla Società Italiana Monteponi che dopo pochi mesi d'esercizio si accorse che tutte le colonne mineralizzate erano esaurite. Sino al 1937 venne coltivata una colonna di pirite che permetteva di a alimentare l'impianto elettrolitico della gran miniera d'Iglesias. L'ultimo direttore della miniera di Calabona fu l'Ing. Rosolino Ferrara, che dal 1936 in poi, si promulgò nell'organizzare moltissime ricerche che, però non portarono a grandi risultati, le attività di scavo con una vena di pirite ramifera. Dopo al secondo conflitto mondiale, la Società statunitense Anaconda Mines proseguì con una serie d'infruttuose prospezioni. Nel 1953 vi fu una richiesta di permesso da parte della Ditta Carta Pinna Gavino, per ricerche di Manganese a Monte Vangelez. Nel '65 la Società Miniere Riunite Varesine, eseguì ricerche nel cantiere Salondra attrezzando inoltre il pozzo Ferraris che con uno "skip". Vennero effettuate ricerche anche nell'area di Vessus. Nel 1971 la Società Santa Barbara Minerali, accordò un permesso d'opere per l'escavazione di una trincea a Monte Sisinni. Possiamo sicuramente affermare che che tale antica miniera presenta diverse peculiarità; probabilmente tra le tante due curiosità vanno sottolineate: in primis il fatto che grazie alla pirite estratta a Calabona, veniva prodotto l'acido solforico necessario per l'impianto elettrolitico della miniera di Monteponi; in secondo luogo la suggestiva ipotesi, avanzata in un recente convegno dall'archeologo Giovanni Colonna, il quale vorrebbe che la Lupa bronzea (simbolo di Roma) fosse stata realizzata utilizzando il rame di Calabona. I minerali di Calabona Alunite, Azzurrite, Calcedonio, Calcite, Calcocite, Covellite Cuprite, Diaspro, Emimorfite, Galena, Malachite, Ossidi di Manganese, Pirite, Quarzo, Rame nativo, Sfalerite, Smithonite. Altre piccole miniere presso Calabona Monte Ludu (Vecchia miniera di Piombo, Zinco e Rame). Monte San Giuliano (Vecchia miniera di Zinco). Monte Doglia (Miniera a Solfuri misti: Calcopirite, Pirite, Galena e Sfalerite). Cantiere Speranza (miniera di Rame). Questa pagina è stata realizzata grazie al prezioso aiuto di Vincenzo Piras (Bosa Diving Center). Bibliografia: PIRAS VINCENZO "Bocca di Miniera - storia di uomini e di miniere in Planargia, nel Meilogu, nel Montiferru e nella Nurra meridionale della Sardegna centro e nord occidentale" - Carlo Delfino Editore. SERRA AURELIO "Appunti mineralogici sulla miniera di Calabona" - Roma, Tipografia della R. Accademia dei Lincei, 1911. FADDA ANTONIO FRANCO "Sardegna, guida ai tesori nascosti" - Cagliari, Ed. Coedisar, 1994. Carta Geologica 1:25.000, Foglio 192, Alghero, 1959. Carta Geologica della Sardegna 1:200.000, 1997.
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