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Il GeoMuseo del Monte Arci a Masullas (Or)

Il Museo dell'Ossidiana a Pau (Or)

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Il Monte Arci è un complesso montuoso di origine vulcanica situato nella parte settentrionale del Campidano, a pochi chilometri dal Golfo di Oristano. Si è formato a cavallo tra Pliocene (fase finale del Terziario o Cenozoico) e la fase iniziale del Pleistocene (Quaternario o Neozoico), tra quattro e due milione di anni fa. Si tratta quindi di una testimonianza delle ultime attività vulcaniche verificatesi in Sardegna e contemporanee ai fenomeni di distensione che portarono alla formazione della depressione (Graben) del Campidano.

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Il massiccio montuoso si estende per circa trenta km2, ed è impostato su un precedente basamento costituito da rocce sedimentarie (prevalentemente marne), che si era formato nel Miocene con l'ingressione marina causata dal generale ribassamento delle Fossa Sarda.

In una prima fase dell'attività del vulcano, i fenomeni tettonici legati alla formazione del Campidano facilitarono la frantumazione del basamento sedimentario preesistente e la risalita della lava. Le prime lave deposte in questa fase erano molto ricche in silice (acide, derivanti dalla fusione della crosta), essenzialmente rioliti in forma massiva o perlitica-ossidianacea.

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Le colate successive hanno spostato, frantumato e rimaneggiato questi primi depositi, e deposto una lava con contenuto in silice sempre inferiore, fino ad arrivare alle ultime fasi dell'attività vulcanica caratterizzata da tranquille eruzioni di lave a basso contenuto di silice (basiche, derivanti dalla fusione del mantello). All'andesite è succeduta la trachite, prima, e infine il basalto.

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Questa successione cronologica delle colate, e la conseguente trasformazione che il monte ha subito nei millenni che lo hanno visto attivo, è facilmente verificabile sul terreno. Seguendo, infatti, la classificazione proposta dal Prof. Giuseppe Piras, del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Cagliari, in un recente lavoro (I Geositi ed i paesaggi geologici del Monte Arci come valenze per il turismo ambientale e culturale, in L'OSSIDIANA DEL MONTE ARCI NEL MEDITERRANEO: recupero dei valori di un territorio, Atti del Convegno tenutosi a Pau dal 29/11 al 01/12 del 2002), possiamo individuare nel Monte Arci le seguenti "Unità di Paesaggio":

  1. paesaggio delle colate di lave acide (rioliti in facies massiva e perlitica-ossidianacea), piuttosto articolato e accidentato, con versanti molto acclivi e nette rotture di pendio, caratterizzato da valli a più elevata energia di rilievo e dorsali allungate con creste strette o arrotondate [vedi fotografia]
  2. paesaggio delle colate di lave intermedie (daciti ed andesiti), caratterizzato dalla marcata fessurazione lastriforme, spesso in forma di vasti espandimenti tabulari [vedi fotografia]
  3. paesaggio delle colate di lave trachitiche, interessato da processi d'alterazione meteorica che hanno determinato la formazione di strutture particolari come nicchie e tafoni [vedi fotografia]
  4. paesaggio delle colate basaltiche, caratterizzato da vasti espandimenti lavici tabulari, sulla sommità del Monte Arci [vedi fotografia]
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Da questo si differenzia sostanzialmente il paesaggio dei depositi sedimentari marini miocenici e delle vulcaniti intramioceniche, ad oriente del complesso vulcanico, contraddistinto dalla ricorrenza di morbide forme collinari concave alla base e convesse verso l'alto in terreni marnoso-arenacei con affioramento di lave a pillow sottomarine e ialoclastiti infrasedimentarie e brecce monogeniche di lave a pillow, con minori quantità di ialoclastiti.

Il settore occidentale è, invece, caratterizzato dal paesaggio dei depositi sedimentari continentali plio-quaternari, con forme pianeggianti e pedemontane, quali glacis e conoidi alluvionali.


I Geotipi del Monte Arci

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Fessurazione colonnare di Is Aruttas Santas

Nel settore nord-occidentale del Monte Arci, al margine dell'altopiano di Braxelogu, le andesiti basaltiche presentano una tipica fessurazione colonnare originata dalla contrazione del magma durante il raffreddamento. Presso Is Aruttas Santas questa roccia assume una forma molto interessate che ricorda vagamente un fungo, con un fusto costituito da colonne prismatiche aventi una geometria regolare, alte circa 5 m., sovrastato da un capellaccio di materiale lavico autobrecciato altrettanto elevato, in aggetto rispetto alla parete delle colonne.

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Pranu (= altopiano) Santa Lucia

Il Pranu Santa Lucia, situato nel settore settentrionale del Monte Arci, costituisce l'espandimento basaltico più esteso dell'apparato vulcanico, delimitato su più lati da pareti sub-verticali. Il centro di emissione viene ipotizzato in corrispondenza di Cuccuru Aspru (496 m s.l.m.).

Risulta sovrastante ai sedimenti marnoso-arenacei miocenici più friabili e per tale motivo ne consegue un'intensa erosione differenziale che porta l'altopiano, attraverso un processo di degradazione continuo, a ridursi progressivamente in estensione.

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Giacimento di ossidiana di Perdas Urias

Perdas Urias, grazie all'abbondanza con la quale si rinviene l'ossidiana, è considerato un importante giacimento del Neolitico, nonché un vasto centro di raccolta (Mitza sa Tassa) e sede di numerose officine e stazioni di lavorazione del prezioso materiale. L'ossidiana in questa zona si trova sia inglobata nella roccia riolitica sia in coltri detritiche lungo i versanti e lungo i corsi d'acqua a carattere torrentizio. Frequentemente risulta invece inglobata nel suolo a costituirne gran parte dello scheletro detritico.

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Dicco Acquafrida

Dei numerosi dicchi emergenti presenti nel Monte Arci, e che ne testimoniano la prevalente attività vulcanica fessurale, quello di Acquafrida risulta l'esempio più interessante e geomorfologicamente più esemplare. Ubicato nel settore centro-settentrionale, il filone basaltico taglia le lave riolitiche per una lunghezza di circa 200 m e presenta uno spessore variabile fino ad un massimo di circa 6 m. La fessurazione della roccia, sia orizzontale sia verticale, ha permesso la separazione di blocchi poligonali che appaiono impilati uno sull'altro ed allineati nella direzione circa N-S.

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I neck di Trebina Longa e Trebina Lada

Si tratta di due esemplari neck vulcanici basaltici subalcalini che si pongono in notevole risalto morfologico rispetto alle lave riolitiche incassanti. Allineati circa NS, entrambi presentano forma tronco-conica, più allungata in Trebina Longa (altezza circa 30 m) e più tozza in Trebina Lada (altezza circa 20 m). Mostrano una marcata fessurazione prismatica, molto più pronunciata in Trebina Lada, la quale favorisce il distacco di blocchi anche di notevoli dimensioni dalle pareti laterali, che si raccolgono alla base formando ammassi caotici.

Le "Falesie" di Conca Mraxi

Nel settore orientale del Monte Arci le lave intermedie mostrano una giacitura a plateau e risultano interessate da faglie distensive aventi direzioni prevalentemente N-S e NNW-SSE; queste sono responsabili della dislocazione delle stesse vulcaniti in diversi ripiani delimitati da pareti rocciose alte fino 60 m. Il fronte lavico dacitico, in particolare, si sviluppa in continuazione per circa dieci km, dalla località Cuccuru Mattivi fino a Fustiolau. Il tratto morfologicamente più interessante di questa lunga parete rocciosa risulta quello che da Conca Mraxi si sviluppa per circa un km e mezzo fino al solco vallivo di Cadresa.

Livelli piroclastici

I "livelli piroclastici" costituiscono delle sequenze stratificate e gradate di materiale piroclastico per uno spessore alquanto variabile, fino a circa 5 m in affioramento, al di sotto delle pareti dacitiche che, in continuità, si sviluppano da Conca Mraxi fino a Fustiolau. Essi sono costituiti da tufi pomicei di colore variabile da biancastro a rosa, con inclusi litici per lo più riolitici e, talora, di frammenti di vulcaniti basiche riferibili con ogni probabilità alla formazione miocenica sottomarina.

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Is Benas

Presso Is Benas le trachiti alcaline risultano interessate da processi meteorici che hanno determinato la formazione di strutture particolari quali nicchie e tafoni. Si tratta di forme concave formatesi per disfacimento subaereo che tendono a svilupparsi verso l'interno della roccia dando origine a cavità anche di grandi dimensioni. Nel pavimento al loro interno si trova spesso un deposito di prodotti residuali, in prevalenza quarzo e feldspato, derivanti dall'idrolisi di minerali costituenti la roccia, separati dai minerali solubili che vengono invece allontanati dalle acque circolanti.

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Megapillow di Gutturu Forru

Presso Gutturu Forru (Masullas, nella parte meridionale del monte) si trova un megapillow andesitico, esposto in un fronte di circa 12 m, che presenta, sul lato rivolto ad est, una marcata fessurazione radiale, delimitante forme di separazione pseudopiramidali ed una fessurazione concentrica che gli fa assumere una caratteristica forma a rosone. La superficie del megapillow, rivolta ad ovest, mette in evidenza la struttura globulare dei singoli pillow, separati all'esterno da una sottile crosta vetrosa, aventi dimensioni medie intorno ai 20 cm di diametro ciascuno e accatastati l'uno sull'altro in una condizione di reciproco adattamento al momento della loro messa in posto nel fondo del mare.


L'Ossidiana del Monte Arci

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L'ossidiana è una roccia ignea d'origine vulcanica, amorfa, priva cioè di struttura cristallina, con un elevatissimo contenuto in silice (SiO2). In altre parole un vetro.

La formazione dell'ossidiana dipende dall'alto contenuto di silice e dal veloce raffreddamento del magma.

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Sul Monte Arci è facile trovare ossidiana in filoni incassati all'interno di rocce acide o, più frequentemente, in forma di noduli di dimensioni variabile in depositi d'origine piroclastica talvolta rimaneggiati.

Il colore tipico dell'ossidiana è nero intenso. Esistono anche varietà più rare con sfumature rosse, marrone, grigie e, in rarissimi casi verdi blu e violetto.

Ossidiana: Lavorazione

L'ossidiana fu lavorata e utilizzata in forma di strumenti litici per tutto il Neolitico (VI-II millennio a.C.) da popolazioni che abitavano nella maggior parte dei casi in villaggi di dimensioni variabili nella piana a occidente del Monte Arci (in un'area che grossomodo attualmente è compresa all'interno di un triangolo ai cui vertici stanno i paesi di Mogoro, Terralba e Cabras). In alcuni casi i villaggi raggiungevano dimensioni ragguardevoli (nel villaggio di Puisteris, presso Mogoro, i rilevamenti archeologici hanno censito circa 300 capanne di varia dimensione, e una quantità di ceramica, idoli in pietra e manufatti in ossidiana e selce che fa presupporre una densitè abitativa elevata), ed erano costituiti da capanne di forma rotonda impostate su un muretto alto circa 50 cm. e coperte da un tetto in frasche poggianti su un'armatura in legno.

In una prima fase l'ossidiana non era estratta, ma veniva semplicemente raccolta lungo le rive dei torrenti che scendendo dal monte portavano con sé ciottoli di roccia vetrosa di varie dimensioni. La lavorazione non avveniva in loco, ma in un secondo momento direttamente nel villaggio. In questa fase, quindi, non si può verosimilmente parlare di sistematico sfruttamento dell'ossidiana, né di una qualche specializzazione a essa legata.

A questa prima fase, riferibile grosso modo alla parte iniziale del Neolitico, ne succede una seconda (seconda metà del VI millennio - V millennio a.C.) in cui la fase iniziale della lavorazione avviene nei pressi dei luoghi di rinvenimento dell'ossidiana.

Soltanto nelle fasi finali del Neolitico sembra instaurarsi un processo di sistematico sfruttamento e lavorazione in loco della pietra, con una probabile forma di specializzazione finalizzata alla distribuzione della materia prima.

Attualmente i principali giacimenti di ossidiana sono quelli di Perdas Urias in territorio di Pau e Sonnixeddu in territorio di Masullas, nel versante orientale del monte. Nel versante occidentale quelli di Roja Cannas in territorio di Masullas, e Tzipaneas in territorio di Marrubiu. Nei pressi del giacimento i noduli d'ossidiana venivano sottoposti a una prima lavorazione, che veniva poi perfezionata in un secondo momento nel villaggio.


Ossidiana: Diffusione

È noto che l'ossidiana nel mondo antico ha rappresentato una risorsa preziosa, per la possibilità di realizzare con essa tutta una serie di strumenti di uso quotidiano. Questa è anche una delle ragioni per cui la Sardegna, e specialmente la piana ai piedi del Monte Arci, ha attratto fortemente l'uomo preistorico.

Da qui l'ossidiana del Monte Arci si diffuse gradatamente in tutta l'isola, in Corsica, quindi nell'Italia centrale (Toscana e Lazio, in particolare), nell'Italia settentrionale, nel sud della Francia, e infine, sebbene in maniera meno frequente, nell'arco pirenaico e in Catalogna.

Per le fasi più antiche della sua diffusione sembra improprio parlare di vero e proprio commercio, vale a dire di un'attività propriamente specializzata finalizzata all'approvvigionamento della materia prima o dei manufatti nei luoghi di loro produzione, e alla loro successiva vendita in luoghi diversi e diversamente lontani. Si dovrà parlare piuttosto di "scambi di confine" tra popolazioni diverse grazie a cui l'ossidiana si è diffusa in luoghi sempre più distanti da quelli di origine.

Per tutta la fase antica del Neolitico, l'ossidiana si diffonde nella forma grezza di noduli o in quella di prima lavorazione. Solo nella fase finale del Neolitico la situazione tende probabilmente a mutare, nel senso che la pietra sempre più si diffonde nella forma di manufatti finiti.

Tale mutamento nelle condizioni di diffusione è legato al contemporaneo imporsi di forme di lavorazione del materiale litico sempre più accurate ad opera ormai di veri e propri specialisti. A sua volta ciò dipende dalla progressiva diffusione di strumenti in metallo, che consentono una migliore e più accurata lavorazione dei manufatti in pietra, ma contemporaneamente rappresentano anche una concorrenza a cui gli specialisti della pietra rispondono con manufatti sempre più curati.

Si arriva cioè alla condizione che uno strumento in pietra può competere con uno in metallo solo se raggiunge determinati standard di perfezione. Ma questi standard possono essere raggiunti solamente da specialisti. E questi livelli di specializzazione si ritrovano solo in prossimità della materia prima.

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